Probabilmente molti di voi avranno visto il simpatico cartone “Kung-fu Panda”. A un certo punto il maestro Oogway dice al maestro Shifu: “Il panda non adempirà mai al suo destino, né tu al tuo, se non rinuncerete all’illusione del controllo. Guarda quest’albero Shifu: non posso farlo fiorire quando mi aggrada, né farlo fruttificare prima del suo tempo”. Cosa significa? Spesso abbiamo l’illusione di poter controllare la nostra vita. Vogliamo che vada in una certa direzione, cerchiamo di pilotarla, mossi da una propensione totalmente razionale e calcolatrice. Ma poi, inesorabilmente, avviene qualcosa nella nostra vita che stravolge i nostri piani, che ci costringe in qualche modo a prendere atto che questo controllo non è possibile. Ma cos’è questo qualcosa che avviene? E che cosa fa sì che avvenga?
Nella vita delle persone molto controllate c’è in genere un eccesso di razionalità e di rigidità che per qualche ragione si è instillato nel corso della vita: educazione familiare, esperienze scolastiche, vissuti dolorosi. Insomma qualcosa ha condotto queste persone a credere che l’unico modo per sentirsi saldi, sicuri nei propri panni, sia quello di controllare la propria vita e di tenerla sempre su un binario preciso che è stato deciso a priori. Il nostro Io interiore, che io, per mio approccio ideologico, chiamo “anima”, non accetta però queste visioni unilaterali di noi stessi. L’anima, infatti, si nutre della totalità e della completezza, dell’integrazione o INDIVIDUAZIONE, per usare un termine junghiano. Laddove quindi l’anima si sente limitata, imbrigliata, incanalata in un percorso di vita obbligato, in un personaggio standardizzato e unilaterale, ecco che manda dei segnali ben precisi: questi segnali possono prendere varie forme a seconda della persona: in genere sono ansia, attacchi di panico, somatizzazioni di vario genere.
Dunque, dietro a tutti gli svariati sintomi che in questo caso possono colpirci c’è un messaggio ben preciso: scacciare il personaggio unilaterale che recitiamo e fingiamo di essere ma che non siamo. Infatti il controllo è un’illusione e una perdita di tempo, in quanto noi non abbiamo alcun potere di controllare la nostra vita, ci illudiamo solo di farlo. Pensiamo allora a quante energie sprechiamo a far si che questo avvenga: un treno sta su un certo binario perché c’è un macchinista che ce lo tiene controllando il mezzo. Ma per fare questo c’è un impiego di energia, il treno altrimenti andrebbe per i fatti suoi. Ecco che nella nostra vita avviene lo stesso: il treno della nostra vita, ovvero la nostra anima, andrebbe spesso in altre direzioni se noi la lasciassimo libera di agire. Il macchinista invece, ovvero il nostro Io cosciente, cerca di farla andare da un’altra parte con grande spreco di energia psicofisica. Eh si, perché in un modo o nell’altro la nostra anima finisce per andare dove crede che sia meglio per noi, ed è proprio la nostra resistenza al cambiamento che peggiora la nostra situazione.
La paura del cambiamento infatti può creare diversi problemi: non aiuta a esprimere le proprie vere esigenze, i nostri bisogni profondi, e anzi toglie alla persona tante occasioni di rinnovamento e di scoperta. Cedere al fatto che per molti aspetti la vita non è nelle nostre mani può essere difficile da accettare, ma è la premessa per lasciare alla nostra interiorità la possibilità di andare dove ritiene più giusto per noi. E in quel caso il panico, l’ansia, i disagi arrivano proprio per dirci una cosa: se abbiamo paura di perdere il controllo vuol dire che nella vita siamo troppo controllati, quindi il panico viene a stravolgerci la vita proprio per farci capire che non controlliamo un bel nulla e non possiamo farlo. Bisognerebbe quindi lasciare che le cose vadano come devono andare, senza interferire come si tende a fare di solito, lasciando che la vita scorra naturalmente senza l’ostinazione di controllare tutto e tutti.
Quindi il panico, l’ansia e i disagi a essi legati come le somatizzazioni non sono malattie da debellare ma messaggi dell’anima che ci avvertono che stiamo sbagliando qualcosa. Ci ricordano che la vita è misteriosa e incontrollabile e ci spingono a ricordarsi che ci sono eventi inaspettati che vanno accolti e non controllati. Ma soprattutto non se ne andranno mai finché non accettiamo e decifriamo il messaggio di rinnovamento e cambiamento che essi portano nella nostra vita. volerli mandar via coi farmaci, mettendoli così sotto silenzio, è una strada rischiosa, in quanto il sé profondo troverebbe un’altra via per esprimersi, magari con nuovi sintomi e somatizzazioni.
Un paragone che mi sentirete spesso fare è il quello che mette a confronto l’anima con il seme: come nel seme di un faggio c’è già scritto cosa dovrà essere, così nella nostra anima c’è già tutto contenuto ciò che dovremo essere, il nostro modo di porci, di manifestarci al mondo, agli eventi della vita, i nostri interessi. Se quindi, per adeguarci agli altri, al sociale, alla famiglia, finiremo per soffocare questo nostro progetto, l’anima soffrirà e ci manderà attraverso lo psicosoma i messaggi di questa sofferenza. Più ostacoleremo il dispiegarsi di questa realtà più soffriremo.
Scrive Alan Bauer: “ogni volta che ti si presenta un problema non cercare di risolverlo, lo complicheresti. Ogni conflitto va affidato al buio e superato guardandolo in modo nuovo”. Ecco perché non ha senso credere di poter controllare razionalmente la nostra vita. Possiamo fare così solo con certi problemi pratici, tecnici, ma non con le questioni interiori: laddove entrano in gioco vissuti, sentimenti, emozioni non c’è più spazio per alcun controllo razionale.
DOTT.SSA CHIARA PICA