C’è molta paura intorno a noi. La paura di stare soli. Per non restare soli con noi stessi siamo continuamente alle prese con ogni possibilità che ci tenga occupati. Il telefono per esempio, che è oramai diventata un’immancabile appendice del nostro braccio, con i social, i giochini, i reel ecc.
Ci terrorizza la possibilità di essere nudi davanti a noi stessi, di vedere e sentire le nostre emozioni e allora ci riempiamo: il corpo, l’agenda, la testa di impegni, di cose da fare, di cibi da ingurgitare. Cose non necessarie se non a difenderci da noi stessi.
Anche molte coppie nascono (o non finiscono) avendo nella paura (inconscia) di stare soli, il carburante principale. Quindi si sceglie il partner che capita, la persona che sembra poter andare pur di raggiungere l’obiettivo di non essere single. Storie in cui per bisogni personali e storie familiari, si sceglie di essere in coppia MA non si sceglie davvero la persona, con il malessere che questo inevitabilmente causa sul lungo periodo.
La solitudine, invece, è stata individuata come una capacità tipica di menti brillanti, di persone capaci e creative.
Uscendo, quindi, dalla visione carica di pregiudizio per cui la solitudine è un problema, potremmo scoprire ben altro. Ad ogni età infatti, la solitudine acquisisce un significato e un valore potenzialmente positivo per la persona, diventando scoperta, occasione, possibilità, stimolo creativo dall’adolescenza alla terza età.
Nella mia solitudine io sono e imparo da me.
Nello spazio che occupo con i miei pensieri, io creo.
Nel mondo che conosco in solitudine, io conosco me stesso e scopro come voglio stare con gli altri.
Ecco cosa devo dirmi in merito alla solitudine.
Il bello del vivere in autonomia, di imparare a gestire la propria vita da soli, non è un inno all’essere per sempre single, ma a definire cosa ci interessa veramente, quali sono i nostri bisogni per definire una relazione di qualità. Nessuna relazione potrà mai essere davvero di qualità se prima non sappiamo sentirci completi da soli. È inevitabile.
Specie parlando di condizione femminile, la solitudine scelta è un segnale culturale non da poco, che comincia a superare i pregiudizi di chi vorrebbe le donne o sposate e buone o sole e quindi poco di buono. Donne capaci di stare da sole e di scegliere l’amore, non di pensare che la coppia sia la soluzione a tutto.
Certamente non stiamo parlando di allontanare le altre persone, sfuggire le relazioni, chiudersi nell’eremitismo. Stiamo parlando di una ricerca positiva della felicità che incontriamo nella creazione di uno spazio personale dove scoprire il benessere di stare soli, dandosi l’occasione di vedere il potenziale positivo che si incontra nello stare in compagnia di sè stessi, nel riflettere ascoltandosi (non facendosi seghe mentali!).
Se riusciamo a tradurre la solitudine in termini di occasione personale, possiamo arrivare a scoprire molto di noi che ci farà stare meglio anche con gli altri. Una solitudine che non è né punizione né tanto meno colpa ma una esperienza piena, che fa brillare, che riempie della possibilità di decidere con chi accompagnarsi nel mondo, per scelta consapevole e non per paura di essere soli.