Il disordine attorno a noi come spia di un disordine esistenziale

Quanto spesso ci capita di avere a che fare con amici disordinati? Quando entriamo in casa loro tutto è in giro, sparpagliato, senza un apparente senso, nel divano bisogna faticare a trovare un posto a sedere, il tavolo è pieno di ogni cosa immaginabile, e ogni angolo utile della casa è utilizzato per impilare oggetti vari, libri, scatole, riviste. I vestiti in camera sono impilati ovunque, il letto è sempre sfatto, a volte il frigo è ricettacolo di cibi scaduti e nel caos si perdono magari documenti importanti. Il rischio di sfociare anche nell’essere poco puliti è al limite, perché spesso poi non si ha voglia di tentare una strada per pulire nel caos che regna sovrano.

Se si fa notare a tali persone la loro condizione di disordine attorno a loro generalmente si infervorano o si risentono subito, facendo presente che nel loro disordine trovano tutto e che in quel disordine ci stanno proprio bene? Altri ancora si alterano dicendo che non hanno assolutamente tempo per riordinare perché ne hanno da far troppe. Allora viene da chiedersi: perché questo risentimento? Cosa la persona sta cercando di difendere di sé? Generalmente il caos che abbiamo attorno a noi è il riflesso di un caos che abbiamo all’interno, che viviamo dentro. Potrebbero presentarsi varie tipologie: potrebbe trattarsi di una persona con una carica rabbiosa non adeguatamente indirizzata ed elaborata, o un classico sognatore creativo distaccato dalle cose concrete che quindi non ha voglia di occuparsi di cose futili come l’ordine attorno a sé; oppure ancora lo sballone emotivo che è sempre preso dal flusso inarrestabile del superficiale e dell’effimero, o l’apatico che si accascia su se stesso e non ha certo le forze psicofisiche per pensare a mettere in ordine. In ogni modo in cui la vogliamo mettere resta di fatto che il nostro mondo interiore decisamente non è ordinato.

Si, perché di fatto al disordine esiste un naturale limite: ci sono quelle personalità creative e dinamiche, fantasiose e libere, che si esprimono meglio al di fuori di ambienti troppo rigidi in cui ogni cosa è meticolosamente al suo posto, ma resta di fatto che oltre un certo limite il disordine diventa spia di un caos esistenziale che va riconosciuto e trattato.

Il disordine esterno riflette superficialità nella gestione della quotidianità: in genere sono persone che non concludono, che si perdono in mille impegni, senza andare fino in fondo a nulla. Si ha anche generalmente una fuga dalle regole, che vengono vissute come una gabbia oppressiva: si tratta quasi sempre di eterni adolescenti ribelli verso qualcosa d’irrisolto. Inoltre la difficoltà nel riporre le cose al loro posto è simbolo di una difficoltà a “mettere nel giusto posto” parti di noi che viviamo in modo conflittuale; inoltre il disordinato cronico generalmente si circonda di oggetti e cose che spesso non riesce a buttare via, simbolo di una difficoltà ad archiviare vissuti e situazioni che non servono più (relazioni usurate, difficoltà sul lavoro ecc). Ancora, il disordinato è spesso anche un soggetto dipendente, che ha diverse sfaccettature: da una parte l’utilizzo delle cose di cui si circonda come “oggetti transazionali” che servono da sostituto di persone, relazioni, vissuti, egregiamente rappresentati dalla coperta di Linus; dall’altra parte vi è la deresponsabilizzazione tipica dei bambini che simbolizza la tacita richiesta “occupatevi voi delle mie cose perché io non ci voglio pensare”.

Le conseguenze a livello di vita quotidiana sono naturalmente una notevole dose di stressa data dalla disorganizzazione. Si tratta infatti di persone spesso disorganizzate, incapaci di programmare in modo funzionale i loro impegni quotidiani. Ne deriva difficoltà a trovare le cose, dimenticanza di scadenze e appuntamenti, difficoltà a pianificare, difficoltà decisionali. Questo di fatto è tutto fuorché una persona creativa: è una persona decisamente disorganizzata. Inoltre di converso ne può anche derivare pigrizia, apatia, stanchezza cronica e inerzia, perché la persona si sente schiacciata dal peso della sua stessa disorganizzazione.

In definitiva, quindi, è necessario che chi si riconosce in tale figura prenda coscienza del suo problema di “disordine esistenziale” e vi ponga rimedio prima di somatizzare e di andare in esaurimento psico-fisico. Si deve fare un percorso per “dare voce al caos”, individuarlo dentro di sé, comprenderlo e sistematizzarlo. Si può, dopo un percorso del genere, lasciare un proprio piccolo spazio di caos: se proprio abbiamo una indole creativa non lasciamo in totale disordine una stanza, ritagliamo piuttosto uno spazio di armadio, un cassetto, dove regna il caos, dove buttiamo tutto alla rinfusa: ciò aiuta a circoscrivere il caos in uno spazio dedicato e ben definito. Utili a tal proposito sono anche esercizi di visualizzazione che aiutino la persona ad andare in un loro spazio creativo e rifugiarsi nel loro angolo mentale di caos. Ancora, è estremamente utile sfogare la propria parte creativa in un hobby o attività che siano davvero creative, come può essere il disegno, la musica, la danza. Questo solo per citare alcune tecniche usate dallo psicologo nella rieducazione di coloro che hanno disordini esistenziali. Un tale percorso permette un “riorientamento energetico”, nel senso che impareremo a fare molta più praticità e organizzazione della nostra vita col risultato che saremo meno stressati ed esasperati, e saremo più capaci di dare delle priorità concrete ed esistenziali che ci permettano di lasciarci alle spalle il superfluo. Certamente a seguito di un percorso di consapevolezza la nostra casa sarà molto più ordinata!

DOTT.SSA CHIARA PICA

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