Dott.ssa Chiara Pica - Mission Life Coach

Dott.ssa Chiara Pica

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IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO DELL’EPILESSIA

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È il disturbo neurologico più comune ed è dovuto alla scarica violenta e massiva di un gruppo più o meno grande di neuroni. Le crisi possono essere parziali se è coinvolta solo una parte dell’encefalo, o generalizzate, se esso è coinvolto in toto. Inoltre le crisi possono essere convulsive, e in questo caso si parla di Grande Male, o non convulsive, e in tal caso si parla di Piccolo Male o Assenza. Spesso non si individua una causa specifica.

La persona che soffre di epilessia ha solitamente queste caratteristiche:

Non conosce le sfumature: per lui è tutto o bianco o nero, un interruttore, tutto o nulla, acceso o spento

Passa da uno stato emotivo a un altro con enorme facilità

Difetta d’introspezione e rifugge dal profondo di sé, nonché di dialogo e chiusura emotiva e affettiva con gli altri, genitori compresi

Alterna anche gli stati dell’umore, potendo a volte venir confuso col depresso bipolare

Rigidità relazionale e comportamentale

Sono soggetti che o esprimono in modo aggressivo e inopportuno una loro opinione o tacciono completamente

Forte tendenza al contegno e autocontrollo

Ancora tantissimi pregiudizi e false credenze aleggiano attorno a questo male, proprio per il fatto che le cause sono ancora in gran parte sconosciuti e i trattamenti medici non sono risolutivi. Nell’antichità era una forma di possessione da parte di dei e demoni, oppure una forma di contatto con altre dimensioni tipica di sciamani e guaritori. Questi retaggi continuano a entrare ancora oggi nella psicologia ingenua delle persone, portando a credere che l’epilettico sia un pazzo, un posseduto, un essere incline al male da tenere alla larga. I familiari di chi ne soffre ne parlano con vergogna e imbarazzo, se non tendenza a passare tutto sotto silenzio: alcuni non curano affatto questa malattia, altri la curano male, altri ancora abusano di alcool e droghe per la disperazione peggiorando ulteriormente la situazione.

Ora, per curare al meglio questa condizione bisogna prima di tutto conoscerla:ma in un’ottica psicosomatica, che non scinda mente e corpo e che vada alla ricerca del significato simbolico del sintomo: infatti in psicosomatica la malattia rappresenta una perdita di “unità” globale, uno squilibrio o blocco energetico. Ed è proprio a livello energetico e di “unità” che come non mai si può comprendere questo disturbo. Non a caso risalta grandemente all’occhio il fatto che la terapia dell’epilettico consisteva nella resezione del corpo calloso, ovvero di quel consistente fascio di fibre nervose che collegano un emisfero con le aree speculari dell’altro. Tagliando il corpo calloso le crisi non si presentavano più, ma ciò poneva altrettanti problemi susseguenti a questo intervento, come la perdita della capacità di riconoscere oggetti, nominarli, coglierne funzione e significato. Insomma, una perdita di “unità” che richiama grandemente quella speculare perdita sul piano energetico e psicosomatico. In questo senso infatti l’epilessia va letta come un problema legato alla sensazione di essere esclusi e separati dalla totalità della vita a causa di gravi problemi con le figure genitoriali. E non a caso in tal senso c’è una forte scarica energetica: di solito si tratta di una quota così enorme e consistente di rabbia inconscia trattenuta che essa straripa fuori come quando si rompe una diga. Si tratta infatti di soggetti che, come sopra specificato, tendono a evitare i conflitti e a disobbedire o trasgredire, dire la propria, esprimersi in modo contrario, perché così gli è stato insegnato. Non a caso lo svenimento e la perdita di coscienza testimoniano in modo estremo la profonda volontà di sottrarsi al conflitto. La tendenza, causata dalla contrazione muscolare, a mordersi la lingua, dimostra il livello di tensione che caratterizza l’inizio dell’attacco: è preferibile staccarsi la lingua con un morso piuttosto che rivelare qualcosa, questa è la situazione a cui gli epilettici rischiano di arrivare. Gli epilettici rivelano la loro ostinazione trattenendo qualcosa tra i denti: non lasciano trapelare niente dalle labbra eccetto la bava e le grida. Piuttosto che lasciar andare qualcosa preferiscono procurarsi da soli delle ferite. E, ancora non a caso, dopo la crisi violenta i pazienti iniziano a urinare e a defecare, simboli, questi, non solo dell’emissione di ciò che si è trattenuto a lungo proviene dai recessi del mondo interiore, ma anche un bisogno di “marcare” pesantemente il territorio, mostrando un’autorità che non viene altrimenti manifestata. E infatti il neuropsichiatra Oliver Sacks descrive gli attacchi epilettici come qualcosa che «avanza a passi misurati insieme a sensazioni di libertà e di autentico benessere». Insomma è proprio presente l’improvvisa irruzione di un mondo interiore ed emotivo complesso e difficile da affrontare, una insostenibile e inesprimibile tensione interna tra bisogno di autonomia e libertà e bisogno di rispondere alle regole e all’autorità. E non a caso gli indiani ritenevano che entità spirituali sconosciute entrassero nelle persone colpite da questo male: consideravano la crisi come una lotta tra due demoni per un unico corpo. e infatti, il “demone” dell’autorità e il “demone” della libertà.

Come primo suggerimento importante e fondamentale è di basilare importanza ridare responsabilità a questo paziente: fin troppo ha vissuto soggiogato a un’autorità. Che quindi si scelga da solo un esperto al quale affidarsi e nel modo che gli aggrada. Smettiamo di trattarlo come un malato. Anche in famiglia evitiamo di parlarne come una specie di pazzo da mettere sotto osservazione speciale, o peggio ancora un posseduto dal demonio. Lasciamo dove devono stare questi retaggi di medioevo, ma semmai facciamogli prendere coscienza che è dentro di lui la vera lotta interiore tra due forze contrarie che sembrano non poter trovare sfogo se non in un epico “scontro fra titani”, tanto per citare l’omonimo film. Molto utili per la consapevolezza sono a tale scopo le domande-guida seguenti:

Quali grandi correnti contrarie si urtano nella mia anima? 

Quali possibilità di scarico dell’energia bloccata mi concedo, oltre agli attacchi epilettici? 

Dove avrei bisogno di rompere l’argine della mia anima? 

Perché non posso lasciarmi andare senza freni? Ci sono dei contesti in cui mi sentirei sicuro e tranquillo di poterlo fare?

Da quali “forze”, ovvero persone, situazioni, emozioni mi sento posseduto e schiacciato?

Se dovessi dare una forma, un’immagine a questa lotta, a queste forze interiori, come le potrei descrivere?

Non da ultimo grandemente importante è anche il contributo dei fiori di Bach che possono aiutare a sbloccare anche situazioni energetiche fortemente compromesse, purché si individui la giusta chiave di lettura.

Smettiamo di vedere alcune patologie come relegate nello spazio del folle, dell’incurabile, del “senza speranza”. La stessa informazione arriverà a chi soffre di questo problema prendendo su di sé questo destino. Ogni sintomo letto in chiave energetica, olistica, psicosomatica, può avere una chiave di lettura molto diversa e ben più carica di possibilità ma soprattutto di consapevolezza.


DOTT.SSA CHIARA PICA

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