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Il velo tra i mondi: il significato simbolico e psicologico della festa di Halloween Ognissanti

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Notte di Halloween, notte di streghe, mostri, zucche, candele, notte di morti che ritornano e grandi paure che ci fanno visita.

Ma cosa è realmente la notte di Halloween?

Cominciamo quindi col dire che questa è una notte particolare nel calendario celtico e di fatto è la notte del “lasciar andare”.

L’estate cede il posto all’autunno, i campi sono messi a riposo dopo il raccolto. È la notte simbolo di un rinnovamento interiore, quindi un cambiamento reale dentro di noi. Di fatto le antiche saggezze dentro di noi non dovrebbero mai rimanere inascoltate. In passato il contatto con la natura era fondamentale e il calendario, prima lunare, poi gregoriano, scandiva gli eventi pagani e poi cristiani che davano ritmo e senso all’esistenza attraverso dei rituali che adesso abbiamo perduto, ma che sancivano dei momenti di passaggio, rinnovamento e contatto con alcune parti di sé fondamentali all’equilibrio interiore. Mai come adesso, nella nostra società eccessivamente frenetica, tecnologizzata e lontana da questi aspetti naturali, è fondamentale riappropriarsi di quei ritmi che ci aiutavano, attraverso il rito, a entrare dentro parti di noi che adesso ci terrorizzano.

Adesso siamo fondamentalmente lasciati soli coi nostri mostri interiori e l’unico modo che abbiamo per esorcizzarli sono i film horror e…la notte di Halloween!

Nelle società rituali del passato, compresa quella cristiana, non si era soli in momenti catartici di passaggio: i rituali comunitari aiutavano ad esorcizzare le paure più profonde, mentre adesso siamo soli con esse e quindi le vediamo come troppo terrificanti per farvi fronte da soli. Ma vediamo meglio cos’è realmente la notte di Halloween qual è il suo senso profondo.

Samhain è una festa pagana di origine  gaelica che si celebra tra il  31 ottobre e il 1° novembre, ed è una festa importantissima: è infatti spesso conosciuta anche come Capodanno celtico.

Il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en), deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi, quindi. Forse non tutti sanno infatti che la festa di Halloween non nasce in America ma ha origini antichissime rintracciabili in Irlanda, quando era dominata dai Celti. Halloween corrisponde infatti a Samhain, il capodanno celtico. Dall’Irlanda, la tradizione è stata poi esportata negli Stati Uniti dagli emigranti, che, spinti dalla terribile carestia dell’800, si diressero numerosi nella nuova terra.

I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee, come quelle del bacino del Mediterraneo. I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno (festa che ricorda assai bene la desmontegada, la festa che avviene ancora nelle zone alpine quando le mucche e le capre sono ricondotte a valle per il periodo invernale). Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda e iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende attorno al fuoco. I falò hanno sempre avuto un ruolo importante in questa festa, importanza che è rimasta anche nel passaggio al cristianesimo, in quanto il fuoco è un simbolo di purificazione e rinnovamento.

Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all’anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti si assottigliava ed i vivi potevano accedervi.

La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura: durante la stagione invernale la vita sembra tacere, mentre in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti. Da qui è comprensibile l’accostamento dello Samhain al culto dei morti. Come molte feste celtiche, veniva celebrata a più livelli: dal punto di vista materiale era il tempo della raccolta e dell’immagazzinamento del cibo per i lunghi mesi invernali. Essere soli in questa occasione significava esporre sé stessi ed il proprio spirito ai pericoli dei rigori invernali.

Questo era il periodo più magico dell’anno: il giorno che non esisteva. Durante la notte il grande scudo di Skathack veniva abbassato, eliminando le barriere fra i mondi e permettendo alle forze del caos di invadere i reami dell’ordine ed al mondo dei morti di entrare in contatto con quello dei vivi. I morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e celebrazioni gioiose erano tenute in loro onore. Da questo punto di vista le tribù erano un tutt’uno col loro passato ed il loro futuro. Questo aspetto della festa non fu mai eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del Cristianesimo, tanto che il primo novembre di fatto è stata collocata la festa di ognissanti e il due il giorno dei morti.

Come accadde con gli elementi ‘pagani’ del cristianesimo, anche alcune feste celtiche passarono nella cultura cristiana, dopo che i romani sottomisero i Celti, e quando, più tardi, la Roma cattolica cercò di convertire i celti pagani. Divenne però chiaro alla Chiesa che i Celti, nonostante la loro apparente sottomissione alla cultura cristiana, continuavano ad aderire testardamente ad alcuni elementi del loro vecchio credo. Cosi’, all’incirca nel settimo secolo D.C., la Chiesa spostò il giorno di Ognissanti, una festa che onorava il martirio dei primi cristiani, da maggio al primo novembre, in modo da unirla agli antichi rituali druidici del 31 ottobre.

Non solo, la Chiesa assegnò anche dei nuovi significati cristiani a molti dei simboli residui associati al Samhain. Nel decimo secolo D.C., si consolidò così la tradizione di celebrare il giorno di Ognissanti durante i riti d’inizio dell’autunno. In questa giornata si onoravano tutti i morti, non solo i primi santi cristiani, rinforzando così l’associazione con le celebrazioni celtiche di una stagione dell’anno infestata dagli spiriti. Con il passare del tempo questi spiriti, che una volta venivano ritenuti selvaggi e potenti, assunsero un connotato nettamente diabolico e malvagio.

La chiesa affermava infatti che gli dei e le dee e tutti gli altri esseri soprannaturali delle religioni antiche fossero d’impronta diabolica, che le forze spirituali con cui le persone venivano in contatto erano vere, ma che costituivano delle manifestazioni del diavolo, principe della beffa, che conduceva l’uomo verso l’adorazione di falsi idoli. Così, durante le celebrazioni per Halloween, apparvero rappresentazioni di fantasmi, scheletri, simboli della morte, del diavolo e di altre creature maligne, come le streghe. Samhain è quindi il tempo in cui il semestre scuro comincia. È la fine del ciclo agricolo e della raccolta finale.

Qualunque cosa lasciato nei campi dopo Samhain, è proibito raccoglierlo poiché ora appartiene agli spiriti della natura. È giunto il tempo di prepararsi per l’oscurità che verrà. È tempo di concludere qualsiasi commercio non finito in estate, è tempo di saldare i debiti e i crediti ed eventualmente di riscuotere gli interessi. Così come il velo fra i mondi si assottiglia e la comunicazione fra noi e le anime erranti dei morti si fa più facile, così meditando in questa notte sarà anche più facile ricontattare parti di noi erranti nei meandri delle nostre profondità interiori e che attendono di essere ascoltati, dopodiché possiamo fare quiete dentro di noi come i campi fanno si riposano nella quiete dell’autunno.

È questo un momento in cui i celti preparavano fuori dalla casa cibo e sedie per onorare gli antenati morti: si stava tutti insieme attorno i falò a raccontare storie e tutti gli altri focolari domestici erano spenti, mentre i druidi scrivono messaggi per i defunti e li affidano al fuoco. Quando il mattino giungeva, i Druidi portavano le ceneri ardenti del fuoco presso ogni famiglia che provvedeva a riaccendere il focolare domestico.

Samhain fa parte dei momenti dell’anno che segnano tangibilmente il ritmo solare – lunare – agricolo ed è una festa di distruzione e ricostruzione del tempo cosmico, per cui chi non vi partecipa rischia di essere distrutto poiché è escluso dal tempo. Infine, dal punto di vista dell’ordine cosmico, il sorgere delle Pleiadi, le stelle dell’inverno, segna la supremazia della notte sul giorno. Cosa significa, a livello interiore, archetipico, simbolico, tutto questo per noi?

Perché, di fatto, rientrare in contatto con i simboli antichi, che fanno parte dell’inconscio collettivo junghiano, è un’occasione che abbiamo per fare un rientro ritualizzato dentro le nostre paure. “Samhain, capodanno celtico, è passaggio, soglia, conclusione e inizio. È conclusa la stagione del verde e inizia la vita del seme, il suo tempo nella terra prima della sua futura vita di pianta. Samhain è il tempo dell’ultimo raccolto, degli ultimi frutti, i più dolci e ricchi che ci sosterranno nel lungo inverno. Ed è l’inizio dell’attesa, del tempo interiore della preparazione, del buio.

Il tempo in cui i semi dimorano nella terra quieta. È il buio da cui tutto ha inizio, il silenzio da cui sorgerà la prima vibrazione, quel vuoto iniziale che deve essere, perché possa compiersi la nascita. Tempo prezioso e necessario. Tempo di riposo e di ascolto silenzioso. Soglia di questo passaggio, del limitare tra vita, morte e vita, Samhain è porta aperta fra le dimensioni del tempo e delle esistenze. Custode di questa soglia è Ecate, antica dea che ne detiene le chiavi”.

Nella danza della vita, Samhain è per noi il tempo del ritiro, dell’interiorità, l’occasione di andare nelle profondità del nostro essere. Per farlo, abbiamo bisogno di spogliarci di ciò che è esteriore, di lasciar andare quegli attaccamenti e aspetti di noi che non appartengono alla nostra essenza. È l’inizio del tempo in cui stiamo con noi stessi, per ritrovare il nostro nucleo prima di riaffacciarci di nuovo al mondo. Nelle campagne c’è poco lavoro da fare, le foglie cadono dagli alberi e i giorni si accorciano sensibilmente. I poteri naturali della crescita e della luce declinano ed entrano nel loro lungo sonno invernale. Anche gli animali si preparano al letargo. Come loro anche noi dovremmo rallentare le nostre attività e passare più tempo in casa. Se si ha un caminetto in casa è bello accalcarci intorno al fuoco insieme ai nostri amici e raccontare storie. Approfittiamo di questo periodo dell’anno, in cui la Natura muore apparentemente, ritirandosi in se stessa come i semi si ritirano nel terreno, per raccoglierci in noi stessi intraprendendo viaggi interiori nella nostra coscienza. Prestiamo attenzione ai sottili mutamenti del corpo, all’adattamento biopsichico del nostro organismo ai brevi e freddi giorni invernali: la mente inizia a scivolare dall’esteriorità all’interiorità. Ora è tempo che la nostra attenzione passi dal lato materiale a quello spirituale.

È tempo di riflessione, di viaggi interiori per potere scoprire quegli aspetti di noi stessi che necessitano di essere cambiati prima che possa iniziare una nuova vita. Come gli antichi iniziati dobbiamo discendere nel mondo inferiore, ripercorrendo il viaggio delle divinità stagionali: seguiamo la spirale interiore dell’anno vecchio fino ad arrivare al nostro centro interiore e a questo punto ripercorriamo la spirale all’esterno portando fuori il nostro potenziale di vita e creatività che sarà manifesto nel nuovo anno, al tempo stesso conservando in npi la saggezza imparata nel passato. Inoltre, siccome le energie di questo tempo hanno a che fare con la morte, possiamo rivolgere i nostri pensieri alle persone che ci hanno lasciato.

È infine un momento in cui al fine di favorire la nostra rigenerazione, si possono ritualmente abbandonare tutte le cose del passato che dobbiamo o vogliamo lasciare, abbandonare (lasciar morire) le cose che non ci piacciono nella nostra vita. Possiamo quindi scrivere queste cose su foglietti di carta per bruciarli nel nostro fuoco di Samhain, che può anche essere una candela di colore nero o comunque scuro. Potete dire per tre volte una frase del tipo: “La cosa tal dei tali è venuta in essere, la cosa tal dei tali ha la sua stagione, e la cosa tal dei tali se ne va!”. Poi, si brucia il foglietto di carta nella fiamma. Possiamo poi, più semplicemente, dare via o bruciare quegli oggetti che non ci piacciono più. È tempo di abbandonare le cattive abitudini, di cambiare la propria vita! Infatti, prima che la nuova crescita possa iniziare, il suolo deve essere fecondato con i resti dei raccolti dell’anno precedente e con i rifiuti (se non ci fossero morte e decomposizione non ci sarebbe la Vita). Ma non solo: Samhain è anche quel momento di passaggio in cui la Luce dell’estate lascia il posto al Buio dell’inverno.

Un chiaro invito a entrare nelle parti Ombra di noi stessi per uscirne rigenerati in vista della primavera. Ogni anno la stagione dell’inverno ci indica che è tempo di viaggiare nel buio interiore, per scoprire anche quella parte oscura di sè, per smettere di rimuoverla, per conoscerla e accettarla, ed eventualmente agirla nella misura in cui è agibile, altrimenti sublimandola. E qui bisogna stare attenti a non cadere nell’eterno equivoco dell’Ombra intesa come fattore negativo, da sopprimere, rimuovere. Non c’è vita senza morte, non c’è luce senza Ombra, non c’è Spirito senza materia, non c’è felicità senza dolore, non c’è positivo senza negativo e via dicendo. Quindi la polarità è l’essenza della nostra vita e così l’Ombra personale di ognuno di noi è parte essenziale della sua personalità. Siamo creature duali e perché viviamo nel mondo fisico e, in noi, non può esistere nulla di creativo, fattivo, spirituale e produttivo se non è supportato dalla sua parte di speculare di Ombra.

Dunque attenzione a voler “fare fuori” l’Ombra. Teniamocela cara, invece, andandola a visitare (proprio come si fa con le tombe dei morti)

Impariamo quindi a onorare la notte di Samhain nel suo reale significato del lasciar andare: come l’estate lascia il posto all’autunno, come la terra si prepara al riposo dopo i raccolti dell’estate, noi impariamo a tagliare e lasciar andare tutto quello che ci appesantisce la vita, che ci toglie spazio, respiro, espressione del nostro sè. Tagliamo i rami secchi della nostra vita e prepariamoci anche noi al “riposo” dell’autunno. Tante possono essere le visualizzazioni guidate e i rituali che possiamo fare per imparare a lasciar andare ma di certo facendolo possiamo accorgerci che il rituale non ci lascia soli e ci rimette in vibrazione con quell’inconscio collettivo di cui Jung parla e che ci mette in risonanza con quel mondo che non andrebbe dimenticato.

Vi lascio con questa poesia:

Lasciò andare. Senza un pensiero o una parola, lei lasciò andare. Lasciò andare la paura. Lasciò andare i giudizi. Lasciò andare la confusione di opinioni che sciamano intorno alla testa. Lasciò andare l’indecisione in lei. Lasciò andare tutte le ragioni “giuste”. Totalmente e completamente, senza esitazione o preoccupazione, ha appena lasciato andare. Lei non ha chiesto nessun consiglio. Lei non ha letto un libro su come lasciare andare … Lei non ha pregato le Scritture. Ha appena lasciato andare.

Lasciò andare tutti i ricordi che la legavano. Lasciò andare tutta l’ansia che le impediva di andare avanti. Lasciò andare la progettazione e tutti i calcoli sul giusto. Non ha promesso di lasciar andare. Lei non ha scritto la data. Non ha fatto alcun annuncio pubblico e messo nessun annuncio sul giornale.

Lei non ha controllato le previsioni del tempo o letto il suo oroscopo quotidiano. Ha appena lasciato andare. Lei non ha analizzato se lei avrebbe dovuto lasciar andare. Non ha chiamato i suoi amici per discutere la questione. Lei non ha fatto un trattamento spirituale. Lei non proferì una parola. Ha appena lasciato andare. Nessuno era in giro quando è successo. Non c’era nessun applauso o un coro di congratulazioni. Nessuno è stato ringraziato. Nessuno si è accorto di nulla. Come una foglia che cade da un albero, lei ha appena lasciato andare.

Senza nessuno sforzo. Senza nessuna lotta. Né bene né male. Era quello che era, ed è proprio questo. Nello spazio di lasciarsi andare, lei lascia che tutto sia. Un piccolo sorriso appare sul suo viso. Una leggera brezza soffia attraverso di lei. E il sole e la luna splendono sempre.

(Safire Rose)

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