L’AUTUNNO COME STAGIONE INTROSPETTIVA

L’autunno è in assoluto una delle stagioni che preferisco. Amo anche le altre certo, perché ogni stagione segnala un analogo cammino interiore che siamo chiamati a fare: l’inverno è la stagione del silenzio e della germinazione, la primavera è la stagione della rinascita, in estate ci godiamo con gioia il raccolto e in autunno ci rintaniamo nel raccoglimento interiore. In questo anche i colori tipicamente associati a ogni stagione elicitano emozioni differenti : rispetto alle gradazioni estive sui toni pastello giallo, arancione, verde chiaro che stimolano azione ed intraprendenza le tinte autunnali come il rosso mattone, il marrone, il verde scuro, invitano la nostra psiche alla riflessione, al ritiro interiore, all’introspezione e alla quiete.

L’autunno è la stagione che più di tutte celebra due temi fondamentali: il ritiro interiore e il lasciar andare. Osservando la natura possiamo vedere come gli alberi lasciano cadere le loro foglie quando è il momento e spostano la loro energia verso le radici per prepararsi ad affrontare l’inverno e accogliere le nuove gemme che verranno a primavera. Le foglie che cadono a terra, a loro volta, lasceranno i nutrienti essenziali per arricchire il terreno e alimentare le piante. Allo stesso modo noi siamo invitati a chiudere i cicli del passato, per poterci rinnovare. Noi invece, che ci siamo discostati dalla natura, abbiamo la tendenza a restare aggrappati a ciò che non vogliamo lasciar andare! E non comprendiamo che è proprio questo restare
aggrappati che ci ferisce le mani, ci affatica le braccia e ci priva di qualsiasi energia. Impariamo dalle foglie a cadere, ad abbandonarci a una morte che precorre la rinascita. Ciò che muore in autunno prepara la rinascita di primavera, e non a caso l’autunno è la stagione dove cade la commemorazione dei defunti, che a sua volta è stata collocata lì come
sostituto cattolico della festa celtica di Samhain.
Le giornate che accorciano, la luce che svanisce prima, il freddo che avanza, ci invitano all’introspezione, al raccoglimento, ad attività lente che ci conducano alle nostre radici, l’unico luogo dove alberga la nostra parte più saggia e profonda. Solo stando a stretto contatto con le tue radici potrai ritrovare la tua centratura, il cosiddetto “radicamento”, il contatto profondo con il nucleo originario da cui tutto nasce e a cui tutto ritorna, in un continuo e ciclico rinnovamento senza fine.
Ecco perché prediligere attività che ci avvicinino alla quiete come una tisana e un buon libro davanti al camino, luci soffuse come lanterne e candele, colori autunnali in casa, passeggiate nella natura che si avvia al riposo invernale.

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "じ AUTUNNO CI INSEGNA CHE CERTE COSE SONO BELLE ANCHE QUANDO CAMBIANO. CAROLINA ZUNIGA"

C’è qualcosa di magico nell’autunno, qualcosa di sospeso, come un passaggio tra due mondi, un silenzio che nutre, nell’aria della sera tra un rintocco di campane e un suono di pioggia che cade tra le foglie morte, mentre luci soffuse intraviste tra tende alle finestre lasciano immaginare un focolare che attende la cena, e da un’altra finestra una candela accesa porta memorie lontane a chi legge un libro o racconta i suoi pensieri al vespro, o a chi parla con le stelle affacciato alla sua finestra,
mentre la Luna Calante traccia il suo arco nel cielo e porta con sé il velo arancione che tinge l’orizzonte di autunno
Come ogni stagione anche l’autunno non è solo una stagione del calendario, è anche una
condizione interiore. Anche se non siamo più abituati a stare a contatto con la natura come nel remoto passato, dove a malapena esistevano gli orologi ed era il sole e le stagioni a scandire il tempo dell’uomo, continuiamo nei fatti a essere parte di questo tutto ciclico e mutevole e a subire quindi gli influssi del cambiamenti stagionali. Non a caso un popolo vicino alla natura come quello celtico ideò un calendario che divideva l’anno in varie parti, di cui ognuna vedeva protagonista una diversa divinità. La divinità dell’autunno era Mabon. Mabon rappresenta la seconda festività del raccolto, segnando la fine della mietitura, così come Lughnasad ne segna l’inizio. Mabon è quindi l’ultima porta dell’anno agricolo, ed indica la chiusura della stagione dei frutti e l’imminente avvicinarsi dell’inverno, la stagione della morte. Questo è un momento decisivo, in cui si fanno i conti di ciò che si è seminato e di ciò che si è raccolto durante l’anno. Al di là dei significati mitici e  folkloristici Mabon va vista come una festa iniziatica, rivolta alla ricerca di un nuovo livello di consapevolezza.
Anche se l’equinozio d’autunno è il 23 settembre nei fatti i ritmi metereologici e climatici si stanno spostando sempre più avanti e complice l’artificiosa comparsa dell’ora legale solo verso fine ottobre sentiamo veramente l’autunno. Le ore di luce diminuiscono, le giornate iniziano a essere sempre più brevi e le notti più lunghe e via via sempre più fredde. Gli alberi
ingialliscono, molti uccelli migrano verso l’africa, gli animali iniziano a fare provviste per il letargo e la natura si prepara al riposo.

Potrebbe essere un disegno raffigurante testo

 

È quindi un tempo di silenzio, di raccoglimento, di meditazione. Si entra sempre più verso il letargo dell’anima e si inizia a fare un bilancio di cosa si è raccolto nell’anno in corso. Il problema è che i nostri bilanci sono sempre in perdita, costantemente. Invece di concentrarci sull’abbondanza ci concentriamo sulla scarsità e così è solo scarsità che continueremo ad attirare. Fai invece un elenco dettagliato delle cose che hai. Materiali, spirituali, tangibili e intangibili. Esempio: ho uno smartphone per comunicare, ho credito per inviare messaggi, ho delle amicizie, ho un letto per dormire, ho del cibo, ho l’acqua calda nella doccia, ho delle passioni che mi fanno compagnia, un animale domestico che mi dà amore ecc…Finchè la nostra mente sarà concentrata su ciò che manca, su ciò che non c’è, state certi che ci sarà ancora meno.
Mentre le giornate si accorciano e le notti si allungano, affrontiamo la nostra stessa oscurità interiore per preparare la nascita della luce interiore, celebrata in occasione del solstizio d’inverno. Lasciamoci trasportare da una passeggiata in un parco o in un bosco, con i colori dell’autunno, le foglie che ci scricchiolano sotto i piedi, gli uccellini che cantano nei nidi all’imbrunire, mentre le luci dietro le tende si accendono e scende la sera. E pensare, magari, che nell’invisibile di quel sottobosco, negli spazi silenziosi di quei tappeti di foglie, qualcosa si prepara al sonno e alla discesa nel buio e ci invita a fare lo stesso. Quel buio rigenerante dove potrà nascere nuova vita dopo il disgelo dell’inverno. Dobbiamo imparare a vederci parte di quei sommessi silenzi, parte di quelle nebbie che spesso in autunno salgono ad avvolgere le cose per non farci guardare troppo lontano e abituarci a guardare il nostro spazio personale. L’autunno è anche stagione della morte. L’Annwn, il regno dei morti dei Celti, non era affatto un luogo orribile, al contrario, è descritto come un luogo di delizie ed eterna giovinezza, dove non esistono malattie ed il cibo è sempre abbondante. Pur essendo il Regno dei Morti, poteva accadere che anche i vivi riuscissero ad accedervi, qualora fossero riusciti a trovarne l’ingresso, nascosto nei pressi della sorgente del fiume Severn, che si trova sul Plynlimon, un massiccio nei Monti Cambrici del Galles Centrale, che domina la contea di  Ceredigion. In pratica il paradosso è proprio questo: si muore per diventare immortali. Non è un caso che l’autunno è la stagione in cui cade la festa dei morti: è una stagione di nostalgia, malinconia, un invito alla riflessione sulla caducità esistenziale e la conseguente esigenza di qualcosa che dentro di noi deve decadere per far spazio a cose nuove che dovranno sorgere. E mentre la pioggia cade fuori noi simo invitati a stare alla finestra a osservare, a entrare in una introspezione riflessiva per fare piazza pulita di tutto ciò che non ci occorre più. Tutto sembra fermo in autunno, a parte le foglie che cadono: l’atmosfera stessa sembra immota, stagnante, tutto è quieto silenzio. Un sommesso invito a contattare quella “mente silenziosa” che è lontana dal quotidiano chiacchiericcio che ci vuole sempre attivi a porci domande e interrogativi senza risposta, sul futuro, sul presente, sugli altri, perdendo di vista il fatto che solo all’interno, lontano da tutti queste voci, esistono le risposte che cerchiamo. Le foglie che cadono ci invitano a lasciare andare, a staccarci dai falsi appigli ormai morti e a diventare qualcos’altro, esattamente come le foglie diventeranno nuova terra su cui cresceranno altre forme viventi. Dobbiamo scegliere da che parte stare. Nulla di nuovo può nascere se il vecchio affolla il nostro spazio vitale. Allora spegni le luci e accendi candele, spegni tv e cellulari e scendi nella tana insieme al letargo della natura che si prepara al riposo dell’inverno

Settembre è uno spazio sospeso, un punto di contatto tra due mondi. E’ la terra di mezzo, tra la luce del giorno che declina e la notte che avanza, è il crepuscolo dall’aria fine, che sa di nostalgia d’estate, ma profuma già di inverno; è un colore incerto tra il verde della stagione andata e l’arancione di quella che sta per arrivare. Settembre spegne piano l’energia
e la conduce verso la quiete invernale.

(DOTT.SSA CHIARA PICA)

Questa pagina, i suoi contenuti, video, articoli sono tutti frutto del mio tempo e completamente gratuiti.
Se ciò che vedi e leggi ti aiuta e desideri dare un tuo sostegno clicca qui   >>>
Per tutti i miei contenuti di crescita personale seguimi su:
 
 
☎️📞 Per prendere un appuntamento:
+ chiama il 3292273438
+ invia un messaggio su WhatsApp
+ invia una mail a chiarapica@gmail.com

Condividi: su

iscriviti alla mia newsletter per restare aggiornato su contenuti e novità