In questo articolo vorrei fare un po’ di chiarezza su cosa davvero fa lo psicologo e qual è la sua funzione. Troppo spesso vedo persone venire qui con richieste totalmente impossibili da soddisfare e che fanno capire quanto la persona non abbia compreso il senso del percorso che sta per intraprendere.
Intanto cominciamo a dire che lo psicologo è solo una guida, un accompagnatore. Il suo ruolo non è quello di allontanare la persona dalla sofferenza ma immergercela dentro. Ecco perché già quando arrivano persone che mi dicono “allontani da me questa sofferenza, questo sintomo…” ecc, specifico subito che la funzione dello psicologo non è questa. Io uso sempre il paragone del viaggio dantesco nell’inferno. Dante non poteva in alcun modo arrivare in paradiso se non passando attraverso l’inferno. Di certo non era solo, c’era Virgilio con lui, ovvero lo psicologo Virgilio accompagna il paziente Dante nei recessi più oscuri della sua selva interiore, dove a dargli il benvenuto ci sono le tre bestie. A un certo punto infatti Dante e Virgilio giungono di fronte alla porta dell’Inferno, su cui campeggia una scritta che mette in guardia chi sta per entrare, ammonendo che una volta varcata non c’è speranza di tornare indietro. Dante non ne afferra subito il senso e Virgilio lo ammonisce a sua volta a non aver paura e a prepararsi all’ingresso nell’Inferno. Quindi il poeta latino prende amorevolmente Dante per mano e lo conduce attraverso la porta. Non c’è modo di evitare la sofferenza, non c’è alcun modo, a meno di condannarsi a soffrire ancor di più per tutta la vita. Quindi il primo falso mito è che lo psicologo non allontana affatto la sofferenza, il male, il dolore, i sintomi, ma conduce il paziente a capofitto dentro di essi. Non c’è alcun modo per uscirne che non affrontarli tutti. Questo anche al fine di mettere il paziente di fronte ai propri lati ombra, ovvero alle parti di sé che non accettiamo perché si scontrano con ciò che abbiamo appreso dalla famiglia e dalla società ma che è indispensabile integrare dentro di sé se si vuole vivere a 360 gradi.
Un altro falso mito riguarda il fatto che lo psicologo, alla stregua di una specie di mago, schiocca le dita e fa sparire i problemi. Assolutamente no! Lo psicologo non agisce mai al posto del paziente, lo aiuta invece a trovare la sua strada, a svelare i suoi autoinganni, a comprendere dietro quali sintomi si trincera. Ma il passo decisivo e successivo è il paziente che deve farlo, perché lo psicologo non può coartare la volontà agendo al posto del paziente: se si arriva a un punto che il paziente deve fare quel passo (o quei passi) per stare bene, li deve fare. Se non li fa non è più autorizzato a lamentarsi che i sintomi non spariscono. Se non fa quel che deve ignorando i messaggi dello psicosoma allora fa meglio a interrompere la terapia e scegliere (con consapevolezza) che preferisce tenersi i sintomi piuttosto che evolvere. Ognuno sceglie con chi percorrere il cammino: con i propri problemi o con il proprio Sè Evoluto. se sceglie i primi nessuno psicologo potrà mai salvarlo. Se decide di non seguire le prescrizioni dello psicologo, se non vuole agire, allora non può far altro che prendere coscienza che si è scelto da solo il suo destino. Non esiste un destino già scritto tranne quello che ogni giorno ci scriviamo da soli con le nostre scelte e decisioni. Compresa quella di non ascoltare e agire durante una terapia psicologica. Inutile trincerarsi dietro alla difficile storia familiare, il passato traumatico ecc: tutti, chi più chi meno, abbiamo avuto un passato difficile e doloroso. Ma se assumiamo questo passato a impedimento condizionante del resto della vita allora non andremo da nessuna parte e neanche uno psicologo plurititolato potrà condurci fuori dal pantano in cui oramai ci siamo abituati a sguazzare. Se ci si identifica nel ruolo di colui che è condizionato dalla propria storia familiare si ha solo un alibi per non evolvere: perché noi non siamo la nostra storia. O meglio, lo siamo solo superficialmente: dentro di noi alberga il seme a cui siamo chiamati a dare frutto. E questo non lo fa certo lo psicologo al posto nostro.
Ancora, lo psicologo non è lì per dirvi ciò che volete sentirvi dire. Anzi, spesso lo psicologo vi dice cose scomode, cose dolorose, ma che sono necessarie a svelare i propri autoinganni, le proprie false credenze per farne piazza pulita e lasciare spazio a ciò che davvero siamo, contro ogni ruolo univoco e ogni falsa identificazione.
Lo psicologo non è neanche una discarica delle lamentele sterili dei pazienti: andare dallo psicologo non significa raccontare le solite lamentele trite e ritrite e che servono solo a togliere energia. Ci si può concedere qualche lamentela certo, ma a piccole dosi, solo quel tanto che basta affinché lo psicologo entri dentro ciò che sta dietro a quella lamentela, ne colga il senso insieme al paziente e dunque lo incanali verso l’azione. Lamentarsi e poi rimanere nello status quo non serve assolutamente a nulla, solo a crogiolarsi nelle proprie presunte sciagure e nel ruolo di vittima. Generalmente, laddove un paziente continua a lamentarsi sterilmente in modo passivo, gli suggerisco d’interrompere la terapia, riflettere se davvero vuole prendere in mano la sua vita, e tornare quando ha una risposta.
E infine voi siete lì per lavorare su voi stessi, non per riavere l’ex fidanzato, l’ex marito ecc. Lavora chi viene lì in studio, lo psicologo non lavora per chi non c’è e che come tale non è parte attiva di alcun processo. Lo psicologo non è un’agenzia matrimoniale che ci ridà chi non vuole tornare, in quanto non ha alcun potere sugli altri. Così come non lo ha il paziente. Se si va da uno psicologo con questo presupposto è bene cambiare subito registro e cominciare a sviluppare accettazione: accettazione del fatto che noi non abbiamo alcun potere sugli altri. Il problema non è l’altro, lì in quello studio l’altro rimane fuori e si lavora su sé stessi, ad esempio per accettare non solo che sull’altro non abbiamo alcun potere ma che l’altro è solo uno specchio che ci mette davanti le nostre fragilità, che vanno guardate, accettate e affrontate.
Insomma, sostanzialmente lo psicologo non è un messia salvatore. Lo psicologo non salva nessuno che non voglia davvero essere salvato, che non sia davvero disposto a mettersi in gioco, rischiare, osare. Se vi aspettate che lo psicologo vi trascina come se fosse esseri passivi privi di volontà allora non andateci affatto. Il vero miracolo lo fa la persona che vuole cambiare, non il terapeuta: credo profondamente nella capacità di cambiamento delle persone che lo vogliono davvero, e per questo cerco di tirar fuori questo potenziale, sperando che l’altro voglia metterci seriamente del suo; credo nella consapevolezza e nelle strade che la persona stessa, accompagnata dallo psicologo, sa trovare. Il paziente è parte attiva del processo, non un passivo fruitore di scelte e soluzioni. Lo psicologo non muove le gambe dei propri pazienti, gli indica solo la strada.
“Perché aspetti?
Aspetti che la vita ti faccia un miracolo?
Che le circostanze cambino in tuo favore ?
…aspetti chi? perché? quanto aspetti?
Se non ti alzi e diventi il tuo Dio
… non puoi sperare che qualcosa cambi
Se non cominci, niente si compierà
Se non bussi, nessuna porta si aprirà
Se non percorri la tua strada
nessuna mappa ti porterà da nessuna parte.
I miracoli accadono solo quando fai il primo passo verso la tua realizzazione… verso un tuo sogno.
Nessuno ti porterà un pacco regalo,
nessuno ti renderà felice… se non tu stesso,
perciò alzati… mettiti in viaggio
il viaggio della tua felicità…
Naviga il mare delle tue emozioni
Vivi !
…non rimandare niente…non aspettare nessuno
La tua mano è capace di disegnare i tuoi sogni,
di scrivere il tuo destino”
Colette Haddad
DOTT.SSA CHIARA PICA