Mal comune mezzo gaudio

Ieri mi ritrovavo a mettere a posto in specifiche cartelle i post della mia pagina, che ora, dopo 6 anni, veramente tanti. Me li sto leggendo uno ad uno per ordinarli, sistemarli  e fare un po’ di ordine del caos. Leggendoli ho avuto modo di scoprire molte cose interessanti, oltre alla mia evidente evoluzione nel pensiero e nel metodo. Un’altra di queste cose che ho scoperto è la seguente:

ovvero che le persone amano particolarmente i post di FB dove la gente si lamenta, recrimina e fa piagnisteo

su cosa? Su quanto è brutto e cattivo il mondo, sul non arrivare a fine mese, sui figli che danno problemi, sulla salute che non va. E subito in molti accorrono a dire “eh si anche io guarda, un disastro”; “Non dirlo a me, sto sempre male”; “A chi lo dici, non me ne va mai una giusta.

La maturità è quando smetti di lamentarti e di trovare scuse e inizi a fare cambiamenti.

Se invece qualcuno, come me o altri miei colleghi, condivide un post di incoraggiamento, successo, positività ecco che scappano fuori molti commenti del tipo: “Ma che ne sa lei di ansia” (e non sanno che l’ho avuta per anni!); “Eh si fosse così facile, tutto è difficile, a chiacchiere siamo tutti buoni (senza considerare che chi fa il mio mestiere ha sperimentato il cambiamento sulla sua pelle); “Ma quante fandonie, le credenze non influenzano niente, è tutto destino, e il mio è nato storto” e tutta un’altra serie di frasi lamentanti che ci si potrebbe scrivere un libro sopra.

Il punto è semplice: siamo abituati a sguazzare nella mediocrità, nel malessere, nei problemi al punto da averne fatto la propria “zona di comfort” inconsapevole, un comodo alibi inconscio per giustificare la propria inazione, i propri fallimenti e non guardare invece in faccia il fatto che, con impegno e dedizione, e con un giusto e mirato lavoro sul proprio mindset, si può uscire da qualsiasi situazione difficile e cambiare la propria vita.

Non è possibile? È possibilissimo, e le decine di recensioni positive sulla mia pagina lo testimoniano. È difficile? Certo, qui non si fanno passeggiate di salute, non ho mai detto che è facile, e io per prima ho sudato le sette camicie per riuscirci. E ancora di certo non ho finito. Ma il fatto che sia difficile giustifica il restare a piangersi addosso e a condividere un comodo “mal comune mezzo gaudio” sui social? Io direi di no, anche dal momento che parlare e riparlare delle proprie sventure come un mantra non fa altro che ingigantirle a dismisura.

Il fatto che qualcuno riesca, nonostante tutte le difficoltà,  a venire fuori dal malessere e cambiare a sua vita pare quasi  una minaccia a tutte quelle scuse che ci si raccontano da anni per non migliorare la propria vita.

Non mentire a te stesso, dobbiamo essere onesti su ciò che vogliamo e correre dei rischi piuttosto che mentire a noi stessi e trovare scuse per rimane

“Eh ma quella è fortuna”. Fortuna?? La fortuna non esiste, la fortuna ce la creiamo da soli. Basti pensare a tanti coach e motivatori che sono dove sono pur essendo partiti da condizioni di vita disastrose e dopo aver vissuto addirittura gravi fallimenti economici. Io ne conosco personalmente e la fortuna non c’entra un fico secco: hanno lavorato sul loro mindset e hanno creduto possibile il cambiamento.

Vi dico qual è il punto: il punto è che  ammettere che la nostra mente può tutto vorrebbe dire fare i conti con quelle frustrazioni, insicurezze, malesseri profondi che ci trasciniamo dietro da anni come una carriola e che non vogliamo lasciar andare in nessun modo. Perché farlo è doloroso, faticoso, rischioso, oneroso, chi più ne ha più ne metta. Meglio raccontarsi che la vita è brutta e cattiva, che non può cambiare niente, che “tanto ormai”. Ha ragione chi afferma che la più grande paura non è certo quella di fallire, bensì è paura di risplendere, la paura del proprio potere e del proprio potenziale. Perché ci hanno abituati alla mediocrità, al fatto che avere ambizioni sia sbagliato (bisogna vedere come le si vive!), al fatto che bisogna accontentarsi di quello che si ha (accontentarsi ed essere grati sono due cose diverse, sarebbe bene averlo chiaro una volta per tutte!).

Insomma può veramente lavorare su se stesso  solo chi ha smesso di dare colpe esterne, chi ha smesso di cercare negli altri (soprattutto i partner!) dei genitori sostitutivi che si occupino di lui e risolvergli oi problemi. In sostanza solo chi è disposto a prendersi la piena e totale responsabilità di se stesso; non può invece lavorare bene su di sè chi continua a cercare appoggio e supporto, chi continua a dare colpe a destra e a manca, chi cerca i capri espiatori, chi dà la colpa al destino, ai problemi e alle circostanze esterne, chi si lamenta, chi si piange addosso ecc.

La felicità arriva quando smetti di lamentarti per i problemi che hai, inizia a ringraziare Dio per tutti quelli che non hai. Buona Domenica!

La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda
è di essere potenti oltre ogni limite.
È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?
In realtà chi sei tu per NON esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.

 

(A Return to Love di Marianne Williamson)

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