Se vogliamo davvero uscire dal panico in via definitiva è necessario conoscere i meccanismi che ne stanno alla base. I segnali provenienti dagli organi di senso, principalmente vista, udito e olfatto, raggiungono dapprima il talamo, rispettivamente visivo, uditivo e olfattivo. Da qui, se l’informazione viene percepita come sconosciuta o minacciosa, è trasmessa all’amigdala che, in quanto centralina d’allarme, etichetta lo stimolo, riconoscendolo come pericoloso, sconosciuto o doloroso: in particolare se lo riconosce come pericoloso, attiva il sistema nervoso simpatico, che fa parte del sistema nervoso autonomo (cioè indipendente dai nostri ragionamenti e dalla nostra volontà).
Il sistema nervoso autonomo è composto da due vie, simpatico e parasimpatico, che decorrono ai lati della colonna vertebrale (una serie d’innervazioni che dal midollo spinale giungono agli organi periferici). Il sistema nervoso simpatico (sns) è finalizzato a preparare l’organismo ad attaccare o a fuggire da una situazione di pericolo o minacciosa.
La reazione di paura innescata dall’amigdala rappresenta, dunque, un meccanismo fisiologico sofisticato, ma immediato, che rende le persone concentrate, energiche, attive e vigili quando si trovano o pensano di trovarsi di fronte a un pericolo o a una minaccia. Nel nostro cervello però abbiamo un’altra parte molto importante che rappresenta l’area più razionale e abile di tutte: la corteccia.
La corteccia, nello specifico quella prefrontale, che nello sviluppo evolutivo si è formata in un secondo momento, è coinvolta nella pianificazione esecutiva e ha lo scopo di rivalutare la minaccia, prestare attenzione, aiutare a controllare gli impulsi, risolvere i problemi, riflettere sulle conseguenze delle nostre decisioni. Un’elaborazione più lenta, attraverso i vari livelli della corteccia, produce una classificazione più dettagliata ed esatta dello stimolo che viene inviato all’amigdala permettendo il compimento dell’attacco o della fuga oppure, se il sistema veloce e sommario ha prodotto un falso allarme, la cancellazione della risposta di attacco o fuga.
Quindi, la corteccia coinvolta nella memoria, nel ragionamento e nel giudizio può correggere le strutture cerebrali emozionali più antiche e automatiche, riducendo la possibilità di falsi allarmi e quindi l’esperienza soggettiva dell’ansia.
In alcuni momenti della giornata, quando siamo esposti a stimoli minacciosi o Percepiti come tali, si attiva l’amigdala e, di conseguenza, viene innescata la modalità di attacco-fuga. Superato l’evento che ha innescato l’attivazione dell’amigdala, la corteccia può nuovamente operare al suo livello ottimale. Questo è il funzionamento della “normale” reazione di stress.
Quando però questo allarme viene attivato tante volte, le persone diventano reattive, impulsive e non riescono più a prendere decisioni lucidamente poiché sono confuse e disorientate. La presenza costante di stimoli percepiti come minacciosi o pericolosi, che scatenano risposte di attacco-fuga determina una sovrastimolazione del sistema limbico e quindi dell’amigdala.
Gli attacchi di panico, dunque, sono il risultato d’interpretazioni “catastrofiche” di eventi fisici e mentali che vengono erroneamente considerati come segni di un imminente disastro.
La paura è un emozione che si attiva quando l’individuo percepisce una minaccia. La paura prepara il corpo a reagire a questa minaccia. Il panico può essere innescato da qualsiasi paura per una minaccia esterna, ma immediatamente dopo la minaccia diviene interna. Il soggetto non riconosce come tali i segni dell’attivazione adrenergica della paura ma li interpreta come una gravissima minaccia interna alla propria salute fisica o mentale (teme di morire o d’impazzire) ed entra in quel loop di autorinforzo chiamato circolo di Clark noto anche come la paura della paura.
Secondo il Modello del Circolo vizioso del Panico di Clark vi è uno Stimolo scatenante esterno oppure interno che viene percepito come minaccioso attivando così le sensazioni somatiche del panico come ad esempio palpitazioni, tachicardia, iperventilazione, sudorazione ecc. Ma il vero problema non sono quelle sensazioni, che sono del tutto FISIOLOGICHE, assolutamente INNOCUE e simili a quelle che si scatenano quando facciamo uno sforzo fisico. Il vero problema diventa L’INTERPRETAZIONE CATASTROFICA delle sensazioni mentali e somatiche che accompagnano questa preoccupazione ad esempio “non respiro… e se poi mi sento male e svengo?” oppure “Mi starà venendo un infarto?”. Tutto ciò porta a un incremento della preoccupazione, cioè si acuiranno le sensazioni somatiche, che daranno luogo a nausea, tremori, vertigini, testa vuota ecc fino a causare un vero e proprio Attacco di Panico. Questo meccanismo viene anche definito AMPLIFICAZIONE SOMATOSENSORIALE.
Il vortice del panico è quindi favorito dalle INTERPRETAZIONI errate che la persona fa di sensazioni fisiologiche che sono del tutto innocue. Il panico può spaventare a tal punto da diventare oggetto di preoccupazione anticipatoria. Cioè la persona può iniziare a temere di avere nuovi attacchi di panico: e così si innesca la PAURA DELLA PAURA. Per questo è fondamentale ristrutturare le CREDENZE DISFUNZIONALI alla base del panico e andare a interpretarle correttamente, anche nell’ottica del messaggio ESISTENZIALE POSITIVO che il panico cerca di veicolare
Ecco cosa accade durante un attacco di panico: si parte con uno STIMOLO INTERNO, che può essere di due tipi:
- una SENSAZIONE CORPOREA (ad esempio un senso di vertigine, la sensazione di non respirare bene, nausea, un dolore ecc)
- una SITUAZIONE ESTERNA (guidare, prendere un mezzo, viaggiare, uscire da soli, stare nella folla, il supermercato ecc)
Questi stimoli sono vissuti dalla persona come una minaccia incombente, come un pericolo imminente. Ecco che è proprio l’INTERPRETAZIONE, e non lo stimolo in sé, ad innescare immediatamente l’ansia.
A quel punto essa si manifesta con una serie di manifestazioni somatiche ben precise: ad esempio la tachicardia, il senso di oppressione al petto, il respiro corto, le vampate, lo stomaco chiuso, la fame d’aria, tremori ecc. Questi segni saranno a loro volta interpretati come potenziali inneschi di sintomi o malattie più gravi, quali svenimento, infarto, perdita di controllo, impazzimento, ictus ecc fino a pensare alla possibilità che portino alla morte. E ovviamente questa interpretazione catastrofica delle sensazioni somatiche non fa che alimentare ancor di più lo stato di ansia, dal momento che amplifica ulteriormente l’intensità dei sintomi, in un circolo vizioso senza fine.
Per uscirne è fondamentale avere chiaro che le sensazioni somatiche dell’ansia NON SONO sintomi di svenimento, infarto, ictus o impazzimento: gli somigliano ma non lo sono. Già comprendere questo è alle volte molto difficile e faticoso, perché la persona si trova a lottare contro associazioni mentali e schemi di pensiero che il cervello ha memorizzato e reso automatici come meccanismo difensivo.
Per rompere il circolo vizioso è quindi fondamentale
- riconoscere e non aderire alle interpretazioni catastrofiche delle sensazioni ansiose, smettendo d’interpretarle come una minaccia
- Sapere che non ci sta accadendo nulla di dannoso e che non c’è nulla che noi dobbiamo fare per estinguere l’ansia, poiché è uno stato temporaneo, né per prevenirla
- Mettersi in ascolto aperto e accogliente del proprio malessere senza combatterlo o tentare di scacciarlo, imparando a “stare” con la propria ansia
- comprendere che il panico con i suoi sintomi è solo la voce di una energia interiore non espressa e non canalizzata
- Sostituire i pensieri, immagini ed emozioni depotenzianti con pensieri, immagini ed emozioni potenzianti
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